Se nei primi mesi di gennaio e febbraio non si sono verificate oscillazioni degne di nota, lo scenario è notevolmente cambiato ad inizio primavera: nel mese di marzo il valore dell’euro sul dollaro è schizzato verso l’alto, passando da 1,08 a 1,14 in pochi giorni, con una differenza mensile pari al 4,66%. La fase rialzista si è quindi affievolita nel mese di aprile, mentre nei primi giorni di maggio l’euro ha toccato nuovamente i suoi massimi annuali, per poi attestarsi sui valori intorno all’1,14. E tutto questo dopo che alcuni analisti, a seguito degli andamenti dello scorso anno, preannunciavano la parità tra le due monete.
In effetti, una parità non sarebbe affatto sgradita ai vertici della Banca Centrale Europea, almeno a quelli che condividono la linea tracciata dal governatore Mario Draghi. Questa evenienza avvantaggerebbe soprattutto il comparto produttivo europeo: le aziende del vecchio continente, grazie ad un indebolimento dell’euro nei confronti del dollaro statunitense, potrebbero esportare con maggiore facilità verso il continente nordamericano, aumentando la produttività, i posti di lavoro e di conseguenza i salari. Ecco quindi perché da Francoforte si sono introdotte misure di politica monetaria finalizzate anche verso questo obiettivo. Tuttavia, ulteriori variabili (come il rallentamento dell’economia a stelle e strisce e dati macroeconomici deludenti) hanno di fatto prodotto un rafforzamento dell’euro sul dollaro, vanificando queste aspettative.
Per quanto riguarda l’immediato futuro, ossia le restanti settimane del mese di maggio, gli analisti ritengono che la quotazione del cross possa raggiungere e superare il livello di 1,17: non sono in programma riunioni di forte impatto sia per quanto riguardo la Fed, sia in seno alla BCE, ed il calendario economico non prevede annunci particolarmente rilevanti, per cui si ritiene che il trend attuale possa continuare anche nel corso dei prossimi giorni.