Tra le numerose norme a tutela dei consumatori dettate dalla Comunità Europea e recepite nel nostro Codice del Consumo c’è anche quella relativa al diritto di ripensamento. Molto spesso viene chiamato anche diritto di recesso, ma a volte si fa un po’ di confusione. Cerchiamo di capire meglio di cosa si tratta, a cosa serve, come funziona e chi può beneficiarne.
Cos’è e a cosa serve il diritto di ripensamento
Gli articoli tra il 52 e il 59 del Codice del Consumo disciplinano proprio il diritto di ripensamento. Di cosa si tratta? In poche parole, il consumatore ha quattordici giorni di tempo per recedere da un contratto già concluso. Se il contratto riguarda la vendita di un bene, l’oggetto deve essere restituito al venditore, se invece il contratto riguarda l’erogazione di un servizio, questo non deve essere già stato fornito. Ad ogni modo, il consumatore che esercita il diritto di ripensamento riceve il rimborso integrale di quanto già pagato. Va aggiunto che il recesso del contratto entro questi termini non comporta alcun costo per il consumatore e che per esercitarlo non è necessario fornire alcuna motivazione.
Naturalmente la legge indica quali sono i casi in cui questo diritto può essere esercitato. Innanzi tutto, il compratore deve essere un consumatore, nel senso che l’acquisto non deve essere fatto nell’esercizio della sua attività lavorativa. Poi il venditore deve essere un professionista, ovvero un’azienda o un soggetto che fa questa attività in via continuativa. Infine, cosa molto importante, il contratto tra le parti deve essere concluso fuori dai locali commerciali. Non ci può essere diritto di recesso quindi se si compra un bene presso un negozio, ma si può recedere dal contratto se quel bene viene acquisto, per esempio, tramite internet. Inoltre la legge elenca una serie di circostanze specifiche in cui non è possibile esercitare il diritto di recesso
All’inizio abbiamo detto che il consumatore ha quattordici giorni di tempo per esercitare il diritto di ripensamento. È però importante capire da quale momento inizia a decorrere questo periodo. Per quanto riguarda i contratti relativi all’erogazione dei servizi, le due settimane si iniziano a contare dal momento in cui viene concluso il contratto; attenzione: se la fornitura del servizio è già iniziata o se il servizio è già stato erogato, il recesso non è più possibile (a meno che le parti non abbiano previsto diversamente). Se invece il contratto riguarda la vendita di un bene, i giorni si iniziano a contare dalla data in cui il consumatore riceve la merce.
Come funziona il recesso: procedura e tempistiche
Il venditore è obbligato a far presente al consumatore dell’esistenza della possibilità di recedere dal contratto. Se non adempie a questo obbligo, il periodo utile per il ripensamento sale da quattordici giorni ad un anno e quattordici giorni. Il compratore, per esercitare il suo diritto di recesso deve comunicare la sa volontà entro i termini previsti: la comunicazione può avvenire in qualsiasi modo, ma per eliminare ogni dubbio è meglio utilizzare i sistemi che danno una prova dell’invio, come i messaggi di posta elettronica certificata o le raccomandate con ricevuta di ritorno (fa fede la data di invio, non quella in cui il destinatario la riceve).
Entro due settimane dl ricevimento della lettera di recesso, il venditore è tenuto a rimborsare il consumatore, utilizzando lo stesso sistema di pagamento che questi ha impiegato per saldare la transazione iniziale, a meno che il consumatore non abbia espressamente richiesto l’utilizzo di un altro sistema. Allo stesso tempo, il compratore che recede entro quattordici giorni dalla sua comunicazione deve restituire i beni ricevuti (anche se le scatole sono state aperte e la merce è stata provata): le spese di spedizione sono a suo carico (sarebbero a carico del venditore solo nel caso in cui esercitasse il diritto di recesso rifiutando il pacco portato dal postino o dal corriere).