Dall’incontro tenutosi oggi al Ministero del lavoro tra i sindacati e i sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Tommaso Nannicini, sono emerse alcune interessanti basi di valutazione sulla riforma delle pensioni che verrà. In particolare, i sindacati hanno informato che la mediazione con il Ministero starebbe portando alla possibilità di usufruire dell’Ape, l’anticipo pensionistico, anche da parte dei lavoratori che hanno 63 anni, con conseguente periodo anticipato di 3 anni e 7 mesi.
Pensioni novità
Sempre secondo quanto dichiarato dalle sigle sindacali all’uscita del tavolo con il Ministero, il nuovo sistema avrà un periodo di sperimentazione di due anni, e potrebbe essere arricchito di qualche vantaggio per i lavoratori futuri pensionati. In particolar modo, i sindacati stanno insistendo affinchè non vi siano penalizzazioni per i disoccupati di lungo corso, per le persone che nella loro vita professionale hanno svolto lavori usuranti, e per quei lavoratori che hanno iniziato a operare molto presto.
Pensioni 2016
Per quanto concerne invece le pensioni in essere, i sindacati hanno chiesto di estendere la quattordicesima mensilità a una maggiore platea di persone, che vada almeno a includere coloro che hanno un reddito netto intorno ai mille euro. Tuttavia, la richiesta non ha trovato immediato accoglimento – come era peraltro ampiamente atteso – bensì solamente una promessa di valutazione da parte dell’esecutivo, che proverà a comprendere quali potranno essere i margini di bilancio per una simile spesa.
Pensioni anticipate
Come intuibile, il perno della discussione è ruotato intorno all’anticipo della pensione. L’Ape, il sistema di anticipo pensionistico che dovrebbe entrare in vigore dal 2017, consentirà a tutti i lavoratori nati tra il 1951 e il 1954, di poter andare in pensione da uno a tre anni e sette mesi prima del termine. A tale vantaggio in termini di qualità della vita si contrappone tuttavia lo svantaggio determinato dalla necessità di doversi caricare di una parte del costo pensionistico: chi richiederà l’Ape, infatti, sottoscriverà un prestito previdenziale ventennale, il cui costo dipende dall’ammontare della pensione e dalla durata dell’anticipo. Anche se è abbastanza prematuro per compiere delle stime precise, è possibile che il costo possa oscillare tra un 4-5% per chi chiede un anticipo pari a un anno, fino al 15% per chi domanda un anticipo pari a oltre tre anni.
Ad ogni modo, potrebbero essere introdotte delle agevolazioni per coloro i quali vivono in condizioni disagiate e per i disoccupati: per costoro l’accesso all’anticipo potrebbe infatti essere totalmente gratuito. Per gli altri, la rata di ammortamento potrebbe oscillare tra i 50 e i 60 euro al mese per 10 anni in caso di anticipo di un anno, o tra i 150 e i 200 euro al mese per 10 anni in caso di anticipo di tre anni. Le pensioni che arrivano a non superare i 1.200 euro netti al mese potrebbero inoltre godere dell’azzeramento della rata, sebbene su questa ipotesi vi sia molto scetticismo.
Pensioni precoci
Infine, ricordiamo come una parte della riforma delle pensioni verterà anche sui lavoratori precoci, che goderanno di condizioni di maggiore vantaggio. I sindacati riferiscono tuttavia che su questo punto (e altri, come i lavori usuranti) vi sono dei confronti in corso. Ancora, sarà da rivedere ulteriormente, in direzione più vantaggiosa, il sistema di ricongiunzione dei contributi, che per il momento risulta eccessivamente oneroso per la maggior parte dei lavoratori. Anche in questo caso ci si muove nel novero delle sole ipotesi, ma pare che il governo possa aprire a una ricongiunzione totalmente gratuita, almeno per una parte dei lavoratori, ancora da identificare.