Anche in chiusura della scorsa settimana il dollaro ha proseguito il proprio apprezzamento raggiungendo nuovi massimi venerdì sugli ottimi dati macro relativi all’andamento dei beni durevoli, che hanno ampiamente sorpreso verso l’alto le attese dei principali analisti internazionali. Dai verbali dell’ultimo FOMC è inoltre emerso che la Federal Reserve era già orientata ad alzare i tassi di interesse di riferimento nel corso del mese di dicembre già prima della vittoria di Trump alle ultime elezioni presidenziali statunitensi.
I futures sui Fed Funds sono saliti ancora, e ora scontano quasi due rialzi sia l’anno prossimo sia nel 2018 – salendo rispettivamente di 25 punti base e di 50 punti base rispetto al giorno pre-elezioni. Per quanto l’aumento dei tassi futures sia stato molto elevato, può esservi ancora spazio verso l’alto, il che può favorire un ulteriore rafforzamento del dollaro. Nel breve lo spazio dovrebbe essere modesto, ma i rischi sono verso l’alto.
Di contro, l’euro, sulla base dell’ulteriore apprezzamento del dollaro, è sceso toccando un nuovo minimo in area 1,05 EUR/USD, da cui si è poi leggermente ripreso sulla base della pubblicazione dei dati macro PMI dell’area, che sono risultati essere migliori delle attese dei principali analisti. Il quadro dei dati rimane comunque coerente con un’estensione degli acquisti alla riunione della Banca centrale europea in programma per l’8 dicembre, per cui dati positivi non sono ancora sufficienti a far rimbalzare l’euro. Allo stesso tempo, in assenza di sorprese particolarmente positive dai dati USA nuovi minimi sotto 1,05 EUR/USD dovrebbero per ora essere evitati.
Passando alla sterlina, vediamo una valuta britannica con quotazioni sostanzialmente stabili contro il dollaro statunitense in area 1,24 GBP/USD. La valuta britannica si è invece moderatamente rafforzata contro euro da 0,86 a 0,84 EUR/GBP mantenendo una maggior resilienza rispetto alla moneta unica. I dati sull’economia domestica infatti continuano a essere positivi, e conferiscono una buona forza relativa alla sterlina, almeno nei confronti della valuta unica europea.
Per quanto riguarda i principali avvenimenti della settimana passata, rileviamo come martedì l’indagine CBI sul settore industriale abbia mostrato un miglioramento superiore alle attese: quanto basta per poter lasciare intravedere un miglioramento anche del PMI manifatturiero nel corso di questa settimana. Sempre in tema di dati macroeconomici, anche i dati di Pil del terzo trimestre pubblicati venerdì scorso hanno confermato la buona lettura preliminare dello 0,5 per cento trimestre su trimestre e lo spaccato per componenti rivela ancora il ruolo trainante dei consumi, anche se rallentano rispetto al secondo trimestre, ma soprattutto l’effetto positivo del deprezzamento della sterlina sulle esportazioni, con un ribaltamento del contributo del canale estero alla crescita che torna ampiamente positivo a +0,7 per cento dopo il -0,8 per cento del secondo trimestre.
Quanto all’Autumn Statement presentato da Hammond mercoledì, come da attese sono state riviste significativamente al rialzo le previsioni di deficit e debito. Il disavanzo atteso sale rispetto al Budget di marzo da 1,9 per cento a 2,6 per cento (in rapporto al Pil) l’anno prossimo e da 1,0 per cento a 1,8 per cento nel 2018 e la precedente previsione di raggiungimento di un surplus a partire dal 2019 viene abbandonata. Non viene tuttavia abbandonata l’austerity, in quanto il disavanzo programmato rimane in ampio calo già dall’anno prossimo. Lo stimolo fiscale è pertanto inferiore alle attese. Infatti, la revisione è frutto perlopiù dell’ampia revisione al ribasso della crescita per via di Brexit. Rispetto alle proiezioni di marzo la crescita del Pil è stata rivista al ribasso da 2,2 per cento a 1,4 per cento l’anno prossimo e da 2,1 per cento a 1,7 per cento nel 2018, restando invece invariata a 2,1 per cento sia nel 2019 sia nel 2020. I numeri dell’OBR sono molto simili a quelli della Bank of England, che ha una crescita a 1,4 per cento l’anno prossimo (come l’OBR) e a 1,5 per cento nel 2018 (di poco inferiore all’1,7 per cento dell’OBR). Come la BoE anche l’OBR ha rivisto ampiamente al rialzo l’inflazione nel 2017.
Fatte salve delusioni dai dati, la sterlina dovrebbe stabilizzarsi nel breve, ma i rischi restano verso il basso. Tra i prossimi dati da tenere sotto controllo, vi è giovedì 1 dicembre quello del PMI manifatturiero. Sul fronte Brexit il prossimo appuntamento importante sarà la sentenza della Corte Suprema, attesa tra il 5 e l’8 dicembre, su chi sia il soggetto competente – il governo o il parlamento – ad avviare e gestire l’iter di Brexit.
Concludiamo infine con lo yen, il cui deprezzamento è proseguito quasi ininterrottamente arrivando a un soffio da 114,00 USD/JPY. La valuta nipponica dovrebbe mantenere una maggior predisposizione dell’euro a scendere al di là del breve, per cui nei prossimi mesi il cambio EUR/JPY dovrebbe portarsi sopra 120 EUR/JPY.
Riteniamo dunque che il mercato in questi giorni continuerà a focalizzarsi su quel che potrebbe accadere in seno alle principali banche centrali europee e americane. In tal proposito, la settimana prossima sarà fondamentale per poter orientare il corso valutario di breve termine di euro e dollaro, con rapporti di forza che dovrebbero favorire ancora una volta il dollaro statunitense, sebbene i margini di deprezzamento dell’euro siano comunque sufficientemente contenuti dall’evitare, almeno per il momento, il raggiungimento della parità.